Cinquecento anni fa, nel 1516, Thomas More pubblicava Utopia, un romanzo filosofico che rinnovava una tradizione risalente perlomeno a Platone e in cui immaginava una società ideale fondata sulla cultura. Le utopie hanno costantemente dominato il nostro immaginario, con la loro capacità di proporre futuri diversi e migliori. L’avvento della società post-moderna ha visto importanti intellettuali parlare non solo della “fine della Storia”, ma anche della morte delle utopie, a causa del fallimento di quelle che avevano dominato il Novecento. Eppure oggi abbiamo un grande bisogno di tornare a immaginare società alternative e ideali che possano contrastare la sensazione di un futuro già scritto nel quale sembra non esserci, per noi, alcun margine di manovra. Le nuove utopie sono forse, come quelle del passato, in gran parte irrealizzabili, ma da esse è possibile trarre quegli elementi attraverso i quali costruire nuovi possibili futuri.
In occasione dei 500 anni del concetto di “Utopia”, l’Italian Institute for the Future dedica il suo ciclo delle “conversazioni di futurologia” al tema Le utopie del domani: quali sono le nuove visioni del futuro espresse dalla politica, dall’economia, dalla scienza, dalla tecnologia, dall’architettura, dai media di massa? In che modo possono contribuire a sfidare le narrazioni egemoniche della modernità? Quattro incontri per quattro settimane per discutere insieme di utopie possibili per un domani diverso.
Si tratta, aggiungo, di un tema con cui ho iniziato a confrontarmi di recente, in particolare con due articoli dedicati al transumanesimo e alle utopie tecnologiche, il primo pubblicato su Futuri n. 5 (Singolarità, transumanesimo e nuove utopie della (bio)cybercultura) e il secondo in inglese sulla rivista Im@go n. 7 (Singularity Believers and The New Utopia of Transhumanism); e con un altro articolo su Futuri n. 6, di più ampio respiro, dal titolo Riprendersi il futuro: aspirazioni e orizzonti sociali nella crisi della postmodernità. Questo è stato anche l’anno della morte di Bronislaw Baczko, a cui mi sono avvicinato per i miei studi sulla Rivoluzione francese, ma che è stato anche e soprattutto un grande studioso del pensiero utopico. La domanda con cui Baczko concludeva la sua voce Utopia sull’Enciclopedia Treccani delle Scienze Sociale, cioè sul futuro del pensiero utopico nella postmodernità, è una di quelle a cui vogliamo provare a rispondere con questo ciclo di incontri. Ne ho parlato in particolare sul mio blog Il Nuovo Cordigliere (Termidoro e il futuro della progettualità politica: rileggendo Bronislaw Baczko).
Programma degli incontri: http://www.instituteforthefuture.it/utopie2016/programma/